La criminalità tra i giovani stranieri Hate speech

Recentemente si parla molto di criminalità minorile tra gli stranieri. Tuttavia il disagio economico, spesso alla base di comportamenti criminali, è maggiore tra i giovani stranieri. La difficoltà di ottenere la cittadinanza favorisce l’esclusione, aggravando il fenomeno.

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Nelle ultime settimane, soprattutto in seguito agli eventi di Peschiera del Garda, il tema della criminalità minorile è diventato centrale nel dibattito pubblico. Al punto che il leader della Lega Matteo Salvini ha proposto di abbassare la punibilità all’età di 12 anni.

Si tratta di un problema che molte persone, anche esponenti politici, collegano esplicitamente alla gioventù straniera, “di seconda generazione”, e il discorso è spesso strumentalizzato per difendere posizioni anti-immigrazione e contrarie all’estensione della cittadinanza.

Matteo Salvini ad esempio cita i dati sulla criminalità dei giovani per nazionalità e li strumentalizza politicamente per contestare la proposta di introdurre lo ius scholae, avanzata da Partito democratico e Movimento 5 stelle.

L’affermazione risulta fuorviante per almeno due motivi. Viene espressa come se la cittadinanza italiana fosse in qualche modo contrapposizione con il perseguimento da parte dello stato dei reati commessi sul territorio nazionale, rendendo meno facilmente identificabili gli autori dei reati. Inoltre assume come presupposto che dalla delittuosità di 179 ragazzi e ragazze (gli stranieri attualmente detenuti negli istituti penali per minorenni) debba derivare il trattamento di oltre un milione di persone (tanti i minori stranieri in Italia).

Come funziona la giustizia minorile

La giustizia minorile in Italia è gestita da un apposito dipartimento all’interno del ministero della giustizia che si occupa della protezione giuridica e del trattamento dei giovani di età compresa tra il 14 e i 18 anni che hanno commesso reati.

Data la complessità della fase adolescenziale, la giustizia minorile è correttiva più che punitiva.

Come evidenzia Ristretti orizzonti, l’esistenza di strutture apposite è motivata dal fatto che gli adolescenti si trovano in età evolutiva, una fase di transizione di grande complessità. Da una parte, hanno pulsioni molto forti. Dall’altra, non hanno ancora interiorizzato i valori morali e spesso non sono in grado di esercitare il completo autocontrollo. È quindi importante da una parte la responsabilizzazione del giovane o della giovane, per fare in modo che comportamenti di tipo criminale non diventino un’abitudine, ma dall’altra anche non precludere una sua normale inclusione nella società, in età adulta, evitando quindi che le conseguenze dell’azione criminale compiuta in minore età siano determinanti per il resto della vita. La giustizia minorile è quindi pensata per essere fondamentalmente correttiva e non punitiva.

In Italia sono 4 gli istituti che se ne occupano:

  • l’ufficio di servizio sociale per i minorenni, che si attiva in seguito alla denuncia e accompagna il minore per tutto il suo percorso penale;
  • il centro di prima accoglienza, una struttura che ospita i giovani fermati e arrestati per massimo 96 ore, in attesa dell’udienza di convalida;
  • l’istituto penale per i minorenni, ovvero la struttura dove hanno luogo la custodia cautelare e la pena detentiva;
  • le comunità educative, dove sono svolti servizi di supporto, in particolare in ambito socio-educativo.

A queste strutture si aggiungono anche i centri diurni polifunzionali, centri non residenziali ma dedicati ad attività diurne, di tipo ricreativo, educativo, sportivo e formativo.

L’unica struttura carceraria vera e propria sono gli istituti penali, concepiti come residuali – mentre sono generalmente favoriti i percorsi esterni.

La maggior parte dei minori autori di reato in carico agli Ussm [uffici di servizio sociale per i minorenni, N.d.R.] è sottoposta a misure da eseguire in area penale esterna; la detenzione, infatti, assume per i minori di età carattere di residualità, per lasciare spazio a percorsi sanzionatori alternativi.

All’ultimo aggiornamento del 15 giugno 2022, risultano essere 17.341 i giovani a carico dei servizi sociali. Mentre sono 374 (oltre la metà dei quali maggiorenni) quelli detenuti negli istituti penali (17 in tutto il paese), a fronte di una presenza media media giornaliera leggermente inferiore.

353,1 la presenza media giornaliera negli istituti penali minorili (2022).

Come evidenzia il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, la criminalità è un fenomeno prevalente tra i giovani maschi – sono appena 12 in tutto il paese le ragazze detenute (il 3,2% del totale), e un fenomeno significativo tra gli stranieri. Questi ultimi sono infatti più soggetti al disagio economico e sociale che è spesso alla radice degli atteggiamenti criminali.

Quanti sono i minori stranieri in Italia

Secondo la fondazione Ismu, al primo gennaio 2020 il 22% di tutta la popolazione di stranieri non comunitari regolarmente residenti in Italia era costituito da minorenni. Con quote particolarmente elevate tra alcune nazionalità – ad esempio quella egiziana, dove la percentuale sfiora il 34%. Tra i cittadini di nazionalità italiana invece la cifra è inferiore, attestandosi al 18,7%.

794.618 i minori extra-comunitari residenti in Italia a inizio 2020.

Una cifra che sale a oltre 1 milione se consideriamo anche le nazionalità europee e che, secondo Istat, arriva a 1 milione e 316mila se includiamo anche tutte le ragazze e i ragazzi con background migratorio, sia naturalizzati che non – dei quali circa il 75% è nato in Italia.

Nelle scuole italiane oltre il 10% degli studenti non ha la nazionalità italiana – anche se oltre il 65% di loro è nato nel nostro paese.

I minori stranieri a carico dei servizi sociali

Come accennato, i servizi sociali sono la struttura che si occupa dell’assistenza al minore durante il suo percorso penale. Per essere posti a carico di tale ufficio non bisogna essere stati condannati definitivamente: basta che ci sia stata una denuncia.

In totale, sono circa 17mila i ragazzi e le ragazze di età inferiore ai 25 anni a carico dei servizi sociali stando all’ultimo aggiornamento relativo al giugno 2022. Di questi, 3.867 sono di nazionalità straniera.

I dati sono riferiti alle persone in base all’età della prima presa in carico (quindi non all’età al momento della rilevazione) e sono aggiornati al 15 giugno 2022. Con “giovani adulti” si intende i ragazzi e le ragazze di età compresa tra i 18 e i 24 anni compiuti.

FONTE: elaborazione openpolis su dati del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità
(ultimo aggiornamento: mercoledì 20 Luglio 2022)

Tra i ragazzi e le ragazze di età inferiore ai 14 anni sono 112 gli italiani e 27 gli stranieri - questi ultimi costituiscono quindi il 19,4% del totale. Una quota che aumenta leggermente nel caso delle persone di età compresa tra i 14 e i 16, e che registra il picco tra i giovani adulti, ovvero i maggiorenni di età inferiore ai 25 anni, dove sale a circa il 24% (3.703 italiani e 1.172 stranieri).

Diminuiscono le presenze negli istituti penali, soprattutto tra gli stranieri

Negli anni è andato gradualmente diminuendo il numero di presenze medie all'interno delle strutture detentive per minori. In parte il calo è dovuto al fatto che negli anni si è cercato di promuovere i percorsi non detentivi, come afferma il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Si tratta di una contrazione che è stata marcata nel caso dei giovani italiani (-11,2%), ma che risulta particolarmente evidente nel caso dei giovani stranieri, passati da 692 nel 2007 a 367 nel 2021.

-36,7% le presenze medie di giovani di nazionalità straniera negli istituti penali, tra il 2007 e il 2021.

I dati sono riferiti alle presenze medie giornaliere e sono aggiornati al 15 giugno 2022.

FONTE: elaborazione openpolis su dati del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità
(ultimo aggiornamento: mercoledì 20 Luglio 2022)

Il numero di presenze negli istituti penali per minori ha avuto un andamento irregolare, con un calo nel 2014 e un successivo aumento. A partire dal 2018 i numeri hanno ripreso a scendere. Nel passaggio dal 2020 al 2021, il numero di ragazzi e ragazze italiane è lievemente aumentato (+3,4%), mentre quello degli stranieri ha registrato una leggera contrazione (-3,2%).

È importante sottolineare che la detenzione all'interno degli istituti penali può anche essere preventiva, ovvero precedente alla condanna definitiva dell'imputato. Sono ancora molti i ragazzi e le ragazze che si trovano in queste condizioni - spesso svantaggiose anche perché escluse dai percorsi formativi, lavorativi e ricreativi che vengono invece offerti ai regolari detenuti. L'incidenza risulta maggiore tra gli stranieri.

30,2% dei giovani stranieri negli istituti penali si trova in condizioni di detenzione preventiva (2022).

Una cifra che nel caso degli italiani risulta 10 punti percentuali più bassa (20,5%).

I reati commessi da giovani italiani e stranieri

Analizzando i dati relativi ai reati commessi dai giovani detenuti, vediamo che ci sono delle differenze tra gli italiani e gli stranieri.

I dati sono riferiti al tipo di reato commesso e sono aggiornati al 15 giugno 2022. Il numero dei delitti è superiore al numero degli ingressi in quanto un soggetto può essere entrato nella struttura per uno o più delitti. Con delitti “contro la persona” si intende omicidio volontario (consumato o tentato), percosse, lesioni personali volontarie, rissa, deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, sequestro di persona, violenze sessuali, violenza privata e minaccia. Rientrano invece tra i delitti “contro il patrimonio” furto, rapina, estorsione, danni, appropriazione indebita e ricettazione. Sono considerati crimini contro l’incolumità pubblica il traffico di stupefacenti e il danneggiamento seguito da incendio. Mentre con reati “contro la fede pubblica” si fa riferimento alle falsità in atti, persone e monete. Tra i crimini contro lo stato si annoverano violenza, resistenza e oltraggio, e associazione di tipo mafioso. Tra i reati “contro la famiglia” rientrano i maltrattamenti e tra “altri delitti” le armi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità
(ultimo aggiornamento: mercoledì 20 Luglio 2022)

Risulta decisamente più marcata l'incidenza di stranieri che hanno commesso reati contro la fede pubblica - con cui si intendono le azioni di falsità in atti, persone e monete (68,2%). Si tratta però di numeri molto contenuti: 15 per gli stranieri e 7 per gli italiani per un totale di 22 reati.

Elevata anche nel caso dei reati contro il patrimonio (53,5%). In questo caso parliamo di 347 registrati da ragazzi di nazionalità straniera, su un totale di 648. La componente straniera sale al 63,8% nel caso di furto, mentre è inferiore al 20% nei casi di ricettazione e pari a 0 per l'appropriazione indebita.

In tutte le altre tipologie di reato, la quota di stranieri è inferiore al 50% e soprattutto per quanto riguarda i crimini legati all'uso di armi (inclusi dal dipartimento per la giustizia minorile nella categoria "altri delitti"), dove di 26 reati nessuno è stato commesso da giovani non italiani.

Sono ancora forti i divari socio-economici tra autoctoni e stranieri

Il fatto che la delittuosità dei giovani stranieri sia elevata rispetto alla loro incidenza sulla popolazione, e in particolare per certi reati come quelli contro il patrimonio, è coerente con il fatto che essi si trovano in condizioni di maggiore disagio socio-economico. Si tratta infatti di due fattori strettamente correlati.

In generale, si può osservare che negli anni la povertà risulta progressivamente più diffusa tra i minori rispetto alle altre fasce di età. Essendo le famiglie straniere maggiormente esposte in questo senso, l'effetto risulta amplificato.

39,6% dei minori stranieri, in Italia, è a rischio povertà o esclusione sociale (2020).

Circa 8 punti percentuali al di sopra della media dei paesi Ue (31,8%) e ben 19 punti percentuali al di sopra dei minori italiani (20,7%). Una situazione di forte divario che si presenta in numerosi altri stati dell'Unione europea.

I dati sono riferiti a tutti gli stranieri, non solo gli extra-comunitari, comprendendo quindi gli altri cittadini Ue, e riguardano i ragazzi e le ragazze di età inferiore ai 18 anni. L’intensità del colore è determinata dal divario tra minori del posto e stranieri. Con “a rischio povertà o esclusione sociale” Eurostat indica tutte le persone che guadagnano meno del 60% del reddito mediano nazionale, sono in condizioni di grave deprivazione materiale (un indicatore complesso che misura la capacità dei nuclei familiari di gestire spese inaspettate e il loro livello di benessere) o che vivono in famiglie dall’intensità lavorativa molto bassa.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 20 Luglio 2022)

La quota più elevata di minori stranieri a rischio povertà ed esclusione sociale si registra in Spagna (49%), ma il divario in assoluto più elevato lo riporta la Svezia: appena 6,5% tra i minorenni autoctoni e 38,1% tra quelli di nazionalità straniera - un'incidenza quasi 6 volte maggiore.

Sono invece 6 i paesi in cui il divario è a sfavore degli autoctoni. Si tratta di Repubblica Ceca, Malta, Lettonia, Lituania, Ungheria e Portogallo, stati che ospitano numeri più contenuti di cittadini stranieri, nella maggior parte dei casi provenienti da altri paesi dell'Ue.

Rispetto al 2020 poi la situazione è peggiorata. Come evidenziato dai dati Istat, la quota di famiglie in condizioni di povertà relativa in Italia è aumentato, ma si tratta di un incremento che ha riguardato in maniera sproporzionata gli stranieri.

Istat definisce relativamente povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o uguale alla spesa media per consumi pro-capite.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 20 Luglio 2022)

Si è passati dal 25,7% al 32,2% delle famiglie con soli stranieri in condizioni di povertà relativa: un aumento di oltre 6 punti percentuali in un solo anno. Mentre nel caso delle famiglie di soli italiani l'incremento è stato di meno di 1 punto percentuale, da 8,6% nel 2020 a 9,2% nel 2021.

A questo si aggiunge anche il problema dell'abbandono scolastico, che risulta molto più elevato tra gli stranieri rispetto agli italiani: si attestava nel 2019 al 36,5% nel caso dei ragazzi senza nazionalità italiana (circa 3 volte più degli italiani). L'Italia è da questo punto di vista uno degli stati europei che presentano il divario più ampio.

Come la povertà, anche l'abbandono scolastico è un fattore che limita le possibilità di integrazione, influendo sia sulle future scelte lavorative che sull'inclusione sociale, visto che la scuola è un luogo fondamentale per la creazione di legami.

Il fenomeno delle baby gang e l'importanza dell'inclusione

Nel novembre 2021 la commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha presentato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti.

Disagio oggettivo e soggettivo generano atteggiamenti violenti negli adolescenti.

Nel documento, la "violenza tra pari" è interpretata come espressione di un disagio personale del giovane violento o mancata introiezione dei valori morali o mancanza di autocontrollo che non riescono a frenare le pulsioni adolescenziali. Dietro c'è quasi sempre l'assenza di figure di riferimento adulte. Ma tra le possibili cause scatenanti del comportamento violento possono esserci anche i modelli competitivi proposti ai più giovani, che generano sentimenti di angoscia e inadeguatezza. Si sottolinea inoltre il ruolo dello strato socio-economico di appartenenza.

L’insorgenza di fenomeni di violenza da parte di minori, di rilevanza anche penale, sembra associarsi più in generale alla presenza di contesti sociali degradati.

Fondamentale anche l'elemento della bassa scolarizzazione, soprattutto negli strati sociali disagiati perché impedisce il riscatto sociale e costringe il giovane o la giovane a rimanere nella propria marginalità. La commissione evidenzia la correlazione tra povertà educativa e devianza minorile.

Per quanto riguarda invece le cosiddette "baby gang", si tratta di un fenomeno a sé.

Con baby gang si intendono gruppi di adolescenti, poco più che bambini, che riproducono dinamiche tipiche della microcriminalità orga­nizzata.

Quello delle baby gang è un fenomeno particolare e non sovrapponibile con la criminalità generale né con il bullismo, come sottolinea la commissione. Alcune delle sue caratteristiche fondamentali e peculiari sono:

  • l'utilizzo di una simbologia marcata, con riferimenti forti all'identità del gruppo;
  • l’esaltazione del concetto del gruppo e del forte legame territoriale;
  • la volontà di divulgare le azioni compiute tramite i social network.

Le baby gang, rileva l'indagine conoscitiva, nascono da diffusi sentimenti di frustrazione, rabbia e disagio, e hanno spesso una connotazione etnica. Questo fa riflettere sulla cittadinanza, oggi ancora molto difficile da ottenere per ragazze e ragazzi che sono nati e hanno sempre vissuto nel nostro paese. Per ottenerla è infatti necessario dimostrare di aver vissuto in Italia per almeno 10 anni consecutivi nonché di avere un reddito sufficiente. Una condizione quest'ultima che li discrimina profondamente, vista l'incidenza della povertà tra le famiglie con stranieri.

Tutto questo ostacola fortemente l'effettiva inclusione dei giovani stranieri nella nostra società e inevitabilmente contribuisce ad aggravare i sentimenti di rabbia e risentimento che sono di per sé tipiche manifestazione della fase adolescenziale, correlate anche con i comportamenti criminali. Si tratta inoltre di un problema che esce anche dalla sfera individuale e ci riguarda tutti. Quali sono, per la società, le conseguenze dell'esclusione prolungata di centinaia di migliaia di persone?


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Foto: Rich Smith - licenza

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